I venti sabato del Santo Rosario

Il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, per merito del fondatore, il beato Bartolo Longo è il centro che ha contribuito, più di altri, alla diffusione della pratica dei Quindici Sabati del Rosario.

Essa ha avuto origine in Francia intorno al 1627 all’epoca delle lotte tra Calvinisti ed Ugonotti. Il re Luigi XIII invitò tutti, il 27 maggio 1627, alla recita del Rosario nella chiesa dei PP Domenicani in S. Onorato, a Parigi. Fu poi continuata tutti i sabati. La risoluzione finale delle lotte e la devozione dei fedeli ispirarono la devozione detta: “Voto dei Quindici Sabati”, propagandata dai Padri Domenicani. Devozione, poi, accreditata grazie straordinarie ed indulgenze.

La pia pratica invitava ad accostarsi alla S. Comunione per 15 sabati consecutivi e a recitare almeno una terza parte del Rosario, soffermandosi nella meditazione dei misteri a cui conformare la vita quotidiana.

Nel Meridione d’Italia e, in particolare, a Napoli veniva praticata nelle chiese domenicane. Una devota, la marchesa Filiasi di Somma, per meglio diffondere la pratica aveva tradotto dal francese un libricino, esauritosi in breve tempo. Bartolo Longo la incontrò quando le chiese un’offerta per il costruendo Santuario di Pompei. Il discorso cadde sui Quindici Sabati e la marchesa lo invitò a ristampare il libretto. Il nostro Beato notò la povertà del testo. Pensò, perciò, ad un testo completamente rifatto, intitolandolo: “La devozione dei quindici sabati in onore del SS.mo Rosario” (Napoli, 1877). Il libro ebbe una singolarissima fortuna per l’erudizione e lo spirito di pietà di cui era pervaso. Le edizioni, ampliate ed elaborate di continuo, e le traduzioni in più lingue, si contano in centinaia di migliaia di copie.

Bartolo Longo

I testi conciliari, il magistero pontificio espresso particolarmente nella Marialis Cultus di Paolo VI, nella Redemptoris Mater e nella Rosarium Virginis Mariae di Giovanni Paolo II, hanno indotto a un ripensamento della devozione proposta dal Fondatore di Pompei. Pur valorizzando tutte le sue intuizioni è sembrato opportuno elaborare una proposta più agile e rispondente ai tempi, che metta in risalto la centralità della Parola di Dio, approfondisca la meditazione del mistero, ed accentui, accanto alla dimensione personale della pratica, quella comunitaria, quale vero cammino spirituale, lasciando, poi, alla libertà personale, la recita per intero del Rosario.

In sostanza questa devozione consiste nell’impegno di rivivere per Venti Sabati consecutivi i misteri del Rosario, preghiera dal cuore cristologico che “nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore” (GIOVANNI PAOLO Il, RVM, n. 1).

La preghiera del Rosario, preghiera tradizionale, «tanto raccomandata dal Magistero e tanto cara al Popolo di Dio, ha una fisionomia spiccatamente biblica ed evangelica, prevalentemente centrata sul nome e sul volto di Gesù, fissato nella contemplazione dei misteri e nel ripetersi dell’Ave Maria. Il suo andamento ripetitivo costituisce una sorta di pedagogia dell’amore, fatta per accendere l’animo dell’amore stesso che Maria nutre verso il Figlio suo. Per questo, portando a ulteriore maturazione un itinerario plurisecolare, ho voluto che questa forma privilegiata di contemplazione completasse i suoi lineamenti di vero “compendio del Vangelo”» (Mane nobiscum Domine, 9).

La proposta del Santuario di Pompei è supportata da queste autorevoli indicazioni che hanno fatto risaltare maggiormente la mediazione della Madre Divina. Attraverso i Venti Sabati una comunità o il singolo credente, un gruppo di famiglie o di giovani, ha la possibilità di arrivare al cuore stesso della vita cristiana. Essi costituiscono una feconda opportunità spirituale per il cammino personale e comunitario del Popolo di Dio, nel contesto più ampio della nuova evangelizzazione. Inoltre sembra quanto mai fecondo, alla luce degli ultimi documenti magisteriali, riscoprire il valore e l’intuizione del beato Bartolo Longo circa il rapporto tra il Rosario e l’Eucaristia. Tutto nella pratica da Lui rilanciata e rinnovata, conduceva all’Eucaristia, perciò la nuova proposta formulata non esclude tale rapporto, anzi lo rimarca perché lo stesso Rosario, ha scritto San Giovanni Paolo II nella Mane nobiscum Domine, “potrà essere una via particolarmente adatta alla contemplazione eucaristica, attuata in compagnia e alla scuola di Maria” (n. 18).

Ogni periodo dell’anno si presta per questa pratica, ma il Santuario di Pompei la premette alle due grandi giornate dell’8 maggio e della prima domenica di Ottobre, quando, a mezzogiorno, a Pompei e simultaneamente in molte chiese del mondo, si recita la Supplica alla Vergine del Rosario. Per 1’8 maggio, l’inizio è l’ultimo sabato di dicembre, eccetto l’anno in cui esso cade di sabato. In questo caso si anticipa al penultimo sabato di dicembre. Per la prima domenica di ottobre, l’inizio dei Venti Sabati corrisponde al penultimo sabato di maggio.

La pratica dei Venti Sabati promossa dal Santuario di Pompei va nella linea di una celebrazione prevalentemente comunitaria. E questo emerge dalle indicazioni pontificie ma anche dalle proposte pastorali che il Santuario stesso suggerisce. A tal riguardo, l’Unione Famiglie del Rosario e l’Unione Giovani del Rosario, nel loro cammino di formazione, possono essere veicoli per una celebrazione comunitaria dei Venti Sabati.

è ovvio che non è esclusa la devozione personale, ma chi può, inviti altri amici per pregare insieme mettendosi alla scuola di Maria. Il testo che qui proponiamo contiene sia la celebrazione personale, sia quella comunitaria, così come avviene nel Santuario di Pompei.

I Misteri della Gioia
Il primo ciclo, quello dei `misteri gaudiosi’, è effettivamente caratterizzato dalla gioia che irradia dall’evento dell’Incarnazione. Ciò è evidente fin dall’Annunciazione, dove il saluto di Gabriele alla Vergine di Nàzareth si riallaccia all’invito alla gioia messianica: «Rallegrati, Maria». A questo annuncio approda tutta la storia della salvezza, anzi, in certo modo, la storia stessa del mondo. Se infatti il disegno del Padre è di ricapitolare in Cristo tutte le cose (cfr Ef 1,10), è l’intero universo che in qualche modo è raggiunto dal divino favore con cui il Padre si china su Maria per renderla Madre del suo Figlio. A sua volta, tutta l’umanità è come racchiusa nel fiat con cui Ella prontamente corrisponde alla volontà di Dio.

All’insegna dell’esultanza è poi la scena dell’incontro con Elisabetta, dove la voce stessa di Maria e la presenza di Cristo nel suo grembo fanno «sussultare di gioia» Giovanni (cfr Lc 1,44). Soffusa di letizia è la scena di Betlemme, in cui la nascita del Bimbo divino, il Salvatore del mondo, è cantata dagli angeli e annunciata ai pastori proprio come «una grande gioia» (Lc 2,10).

Ma già i due ultimi misteri, pur conservando il sapore della gioia, anticipano i segni del dramma. La presentazione al tempio, infatti, mentre esprime la gioia della consacrazione e immerge nell’estasi il vecchio Simeone, registra anche la profezia del «segno di contraddizione» che il Bimbo sarà per Israele e della spada che trafiggerà l’anima della Madre (cfr Lc 2,3435). Gioioso e insieme drammatico è pure l’episodio di Gesù dodicenne al tempio. Egli qui appare nella sua divina sapienza, mentre ascolta e interroga, e sostanzialmente nella veste di colui che `insegna’. La rivelazione del suo mistero di Figlio tutto dedito alle cose del Padre è annuncio di quella radicalità evangelica che pone in crisi anche i legami più cari dell’uomo, di fronte alle esigenze assolute del Regno. Gli stessi Giuseppe e Maria, trepidanti e angosciati, «non compresero le sue parole» (Lc 2,50).

Meditare i misteri ‘gaudiosi’ significa così entrare nelle motivazioni ultime e nel significato profondo della gioia cristiana. Significa fissare lo sguardo sulla concretezza del mistero dell’Incarnazione e sull’oscuro preannuncio del mistero del dolore salvifico. Maria ci conduce ad apprendere il segreto della gioia cristiana, ricordandoci che il cristianesimo è innanzitutto euanghelion, `buona notizia’, che ha il suo centro, anzi il suo stesso contenuto, nella persona di Cristo, il Verbo fatto carne, unico Salvatore del mondo. (Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae, 20)

Da oggi e per i prossimi 19 sabato pubblicheremo di seguito un link con il quale potrete unirvi in preghiera con noi.

I Sabato

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